FONTANAROSA: ALLA SCOPERTA DELLE RISORSE CULTURALI DEL PICCOLO BORGO

A cura di Nicholas Beatrice

L’Irpinia è una terra con dolci colline e montagne non molto elevate, dove limpide acque sorgive, scorrono nelle numerose valli e alimentano ruscelli e fiumi, per la presenza dei lupi, dai romani venne denominata “Hirpus”, oggi è l’Irpinia! La ricopre una fitta e rigogliosa vegetazione per questo viene definita la “Verde Irpina”!

Sulle pendici di una ridente collina della media valle del calore, è adagiata Fontanarosa, una piccola cittadina, cinta da una fertile campagna con ulivi secolari e rigogliosi vigneti che producono ottime uve. Nel corso degli anni, il piccolo borgo si estese progressivamente, sorsero nuovi quartieri, nacquero nuove attività e mestieri, si rese necessario erigere nuovi centri di culto.

FONTANAROSA

Fontanarosa è un comune italiano di 2 855 abitanti della provincia di Avellino in Campania. Sorge a 480m sul livello del mare, in un’area collinare dell’Irpinia, alle pendici del monte Capo di Gaudio, nella parte centro-settentrionale della provincia.

I comuni confinanti sono: Gesualdo, Grottaminarda, Luogosano, Mirabella Eclano, Paternopoli e Sant’Angelo all’Esca.

Il territorio per la maggior parte pianeggiante, ha un’estensione di 16,75 km². La coltivazione è molto praticata: in pianura troviamo vite, olivo e grano; mentre nelle zone più alte troviamo castagne, nocciole, noci e querce.

L’origine di Fontanarosa è strettamente legata alla storia di Aeclanum. Questo fu un importante centro amministrativo e commerciale sannitico, sorto sul tracciato della Via Appia, che, dopo un lungo periodo di prosperità, fu messo a dura prova da violenti eventi sismici terremoti e guerre; in particolare, nel VI secolo d.C., Aeclanum fu coinvolto nelle guerre tra Goti e Bizantini, finché l’arrivo dei Longobardi e il transito, nel 662 d.C., dell’imperatore Costante II di

Bisanzio, diretto all’assedio di Benevento, lo distrussero completamente. Molti degli eclanesi, dunque, fuggirono per trovare rifugio in territori limitrofi, dando origine a numerosi paesi, tra cui appunto Fontanarosa.

Fontanarosa fu così fondata tra il VII e l’VIII sec. d.C., in epoca longobarda. Tra le diverse famiglie che hanno posseduto il feudo di Fontanarosa si ricordano i Fontanarosa, i Gesualdo (fino al XVII secolo), i Ludovisi e i Tocco di Montemiletto.

L’etimologia del nome sembrerebbe provenire dalla famiglia Fontanarosa che la tenne come feudo, ma più correttamente la tradizione popolare si rifà alla presenza, in tempi remoti, di una sorgente (fontana) ubicata in un roseto, ferruginosa con acque rossastre. Gli abitanti sono detti fontanarosani e San Nicola è il loro patrono.

Fontanarosa è anche noto come il paese delle “3 P”: Paglia, pietra e presepe.

LA PAGLIA

La coltivazione di grano e la lavorazione della paglia da parte dei contadini, ci portano alla tradizionale “festa del carro”, che si svolge il 14 agosto a Fontanarosa, è una delle testimonianze più significative della cultura rurale dell’Irpinia. Un obelisco straordinario in legno rivestito da un addobbo ricchissimo in paglia, trainato da un carro di buoi, è il fulcro di questo rito antico.

Il “Carro” di Fontanarosa è un obelisco straordinario in legno, alto 28 metri, rivestito da un addobbo ricchissimo in paglia e montato su un carro agricolo tirato dai buoi, in onore della Madonna della Misericordia.

La tradizione di costruire il Carro risale a qualche secolo fa. Le civiltà contadine antiche usavano ringraziare, per l’avvenuto raccolto, la dea Cerere, offrendole covoni di grano su carretti allestiti appositamente per l’occasione. In seguito, queste offerte vennero fatte alla Madonna della Misericordia. Verso la metà dell’800, giunsero a Fontanarosa due fratelli di Nola, Generoso e Stanislao

Martini, bravissimi nel decorare “macchine da festa”, meglio conosciute come “gigli di cartapesta”. Su questi modelli, iniziarono a lavorare con la paglia i carri che, nel tempo, hanno assunto la struttura a forma di obelisco. Il primo in assoluto fu quello di Fontanarosa, seguito poi da quello di Mirabella Eclano.

L’obelisco che oggi ammiriamo è in stile gotico ed è formato da sette registri, sul cui culmine troneggia la riproduzione della statua della Madonna della Misericordia, presente nel nostro Santuario; tutta in paglia lavorata, così come i pannelli che rivestono lo scheletro ligneo che viene montato su di un elegante carrettone in legno d’olmo.

Il montaggio della struttura è affidato ad artigiani locali e dura circa otto giorni fino a che il “gigante di paglia” non è pronto per essere tirato, cioè trasportato. Due paia di buoi tirano il carro, mentre il popolo festante lo tiene in equilibrio con apposite funi (in totale 32), facendolo oscillare attraverso le strade del paese.

La festa si apre con il trasporto del carrettone, che avviene l’ultima domenica di luglio, il quale viene portato in via I Maggio, punto di partenza del carro.

Una volta fissato lo scheletro di legno, il primo sabato di agosto si alza la cupola, seguono poi i registri che vengono montati a partire da quelli più piccoli e prossimi alla cupola.

Una volta terminato arriviamo al trasporto delle gregne che avviene la prima domenica di agosto, dove vengono portati di grano dalla campagna fino alla “casa del carro”.

Qui poi una volta intrecciati i fasci di gregne si dà vita al manto che verrà montato la mattina del 13 Agosto e andrà a ricoprire il carrettone.

Per concludere abbiamo un’affermazione di un fontanarosano molto bella:

“Ǫuesto imponente obelisco e interamente rivestito in paglia lavorata a mano, per noi fontanarosani è un vero e proprio simbolo di appartenenza, che ci unisce tutti nel segno di un profondo amore per le nostre radici. Perché il carro è famiglia, il carro è casa, è il ricordo del nonno che ci portava ad accarezzare i buoi prima della partenza, della mamma che il giorno dopo ci faceva prendere le spighe dal manto, sono le risate condivise, i cori intonati all’unisono, le nottate con gli amici in piazza per vedere il manto la mattina presto (non importa quanto sonno tu

abbia, resisti sempre un po’ di più), gli abbracci tra sconosciuti, le lacrime di commozione sui nostri visi quando parte e quando arriva. Il carro è tutto questo, non solo il 14 agosto ma ogni giorno!”

LA PIETRA

La Breccia Irpina è una roccia che si forma dalla sedimentazione di frammenti calcarei, quarzi e cementi; resistente e tenace come il popolo della” Terra dei lupi” in cui nasce, ha alimentato tanti cantieri della Campania. È una pietra che presenta un colore ambrato e “favacci”, ovvero venature più scure, le quali ne interrompono l’uniformità. “ Favaccia” e “favaccina” sono sempre breccia ma con intensità di impurità differenti. La favaccina è la breccia caratteristica di

Fontanarosa, quella più fine che consente di essere facilmente impiegata in arredi e sculture.

A partire dagli anni ‘90, Fontanarosa ha ospitato diversi Simposi della Pietra, gli ultimi nel 2019 e 2020, con la partecipazione di artisti italiani e internazionali, i quali hanno contribuito a dare ulteriore importanza all’arte degli scalpellini e a trasformare il paese in una vera capitale della scultura.

Camminando per il centro storico del borgo possiamo ammirare la costante presenza di codesto materiale, attraverso i portali dei palazzi signorili, le fontane pubbliche, le strade, i monumenti.

“Il borgo – come afferma Felice De Dominicis, giovane fontanarosano, attivo in ambito sociale e culturale, e titolare, insieme al fratello, dell’azienda Fontanarosa pietra – è interamente costruito su una parete rocciosa che parte al confine con Sant’Angelo all’Esca e si estende fino ai confini con

Gesualdo e Grottaminarda. Avendo la materia prima, dunque, abbiamo pensato di sfruttarla per mettere su un’azienda di trasformazione avendo non solo ruolo di materiale costruttivo, ma diviene elemento estetico-decorativo atto a dare maggiore splendore alle antiche abitazioni!”

IL PRESEPE

La nascita della tradizione del presepe a Fontanarosa risale circa al 1910, quando la devozione del popolo e l’amore per l’arte del Sacerdote don Gennaro Penta portarono la cittadina a possedere quello che poco più tardi fu definito il più bel presepe del mondo

Il presepe crebbe di fama anno per anno. Folle di visitatori accorrevano a

Fontanarosa ansiosi di ammirare il “prodigioso presepe”, composto da oltre 700 pezzi tutti originali. Il più entusiasta visitatore dell’epoca fu il Principe Ereditario Umberto II di Savoia, il quale – informato della grandiosità dell’opera fontanarosana – volle visitarla rimanendone estasiato. L’eco della fama che il presepe si guadagnò arrivò finanche a Roma, tanto che nel 1930 lo stesso si guadagnò il titolo di “Monumento Nazionale”. Con la morte del Sac. don

Gennaro Penta, avvenuta nel 1932, terminò la “pia usanza” di fare il presepe; i pezzi non furono più esposti, gli artigiani non furono più presenti per la costruzione e dopo qualche tempo fu donato al Museo Irpino di Avellino, dove oggi è possibile ammirarne solo una piccola parte. Si chiuse momentaneamente un capitolo della storia del presepe, anche a causa del furto avvenuto nella sfortunata notte tra il 13 e il 14 dicembre del 1982, dove il presepe fu rubato da ignoti malfattori.

Negli anni la polizia è riuscita a recuperare alcuni pastori e ,nel 1998, il presepe tornò, anche se il forma ridotta, nel suo antico splendore.

BENI CULTURALI DI FONTANAROSA IMPORTANTI

  • PARROCCHIA SAN NICOLA MAGGIORE

Maestosa opera architettonica di epoca normanna, la Chiesa di San Nicola Maggiore è legata alla forte devozione della comunità di Fontanarosa per il Santo Patrono; al suo interno, è possibile ammirare diverse statue di santi e tele di grande valore artistico.

Fu nel XII secolo che si avvertì l’esigenza di costruire una chiesa più grande che svolgesse la funzione di chiesa madre, ovvero di centro della comunità cristiana dove si amministravano tutti i sacramenti. La chiesa fu dedicata a San Nicola che nel XII secolo era il santo più venerato e anche più amato dagli stessi governanti normanni del tempo. La chiesa sorse nella parte del borgo che aveva davanti una piazza e appare nell’elenco delle decime del 1308 come risulta da indagini fatte da studiosi che hanno approfondito la storia di Fontanarosa. Le famiglie benestanti del paese si affrettarono a fare donazioni per devozione ma anche per assicurare a sé stessi e ai familiari la sepoltura nelle cappelle di cui fu fondata la chiesa.

Nel corso dei secoli l’intero edificio della chiesa è stato sottoposto a restauri giustificati dalla necessità di ampliare o riparare in seguito ai terremoti. In origine si suppone che la chiesa fosse costituita da una sola navata mentre nel corso dei secoli sono state create altre due navate e il risultato è stato quello di una chiesa a croce latina con l’abside centrale. Agli inizi del XX secolo sono stati creati altri due absidi o cappelloni ai lati dell’altare maggiore. Dopo la seconda guerra mondiale sono state apportate ulteriori modifiche tra le quali: il soffitto a volta, la cupola imponente, le statue sulla facciata (tra le quali spicca quella centrale raffigurante il Cristo Re con le braccia aperte, scolpita in pietra locale).

Successivamente sono state installate le porte metalliche della facciata e delle campane.

Ed eccoci oggi, dove possiamo ammirare una chiesa dall’aspetto semplice ma al tempo stesso imponente.

  • CHIESA DELL’IMMACOLATA E DI SAN MICHELE

         “VIRGINI IMMACVLATAE / PRINCIPIQVE ANGELORVM HOC TEMPLUM PIETAS DICAVIT- A R S MDCCL

Questa scritta è incisa sul monumentale portale in pietra locale, artisticamente lavorato, situato all’ingresso della chiesa eretta nel rione “Acqua della Madonna”.

Questo luogo di culto cristiano, dedicato alla Vergine. Immacolata e al principe degli angeli San Michele Arcangelo è la realizzazione di un sogno di tanti fedeli animati da una profonda fede mariana e da una intensa devozione a San Michele Arcangelo, molto venerato nelle terre del ducato longobardo e influenzata anche dalla vicinanza del santuario del Gargano, a lui dedicato, conosciuto dai nostri avi come “L’Angelo di Puglia”.

In mancanza di dati certi, si ipotizza che nell’anno 1750 Anno Reparatae Salutis, la chiesa venne aperta al culto, una architettura semplice e lineare, la facciata principale, che dà sulla piazza Immacolata, termina con una soluzione a timpano, sulla stessa al centro, incassata in una nicchia è rappresentata la Vergine Immacolata che traspare dalle nuvole, avvolta in una luce bianca attorniata da schiere di angeli, nei due ovali laterali sono dipinte l’immagine di Santa Lucia e quella di San Michele; la copertura a due falde, caratteristiche che la inseriscono nello scenario delle chiese di quel periodo.

La costruzione venne realizzata in parte con pietre, in parte con tufi, per la copertura venne impiegato il legno, la stessa è stata adeguata ai nuovi criteri di costruzione, con la ristrutturazione post-sisma del 1980.

Nella primavera dell’anno 1795, iniziarono i lavori per la costruzione della piccola abside, ubicato in fondo all’unica navata, che venne ultimata nell’autunno del 1796, per la realizzazione della volta furono utilizzati i tufi della vicina Mirabella Eclano, all’epoca considerato un materiale leggero.

Il soffitto e l’antiporta vennero realizzati, in legno di castagno, da ebanisti della vicina Taurasi, nell’anno 1780.

Un piccolo abside, semicircolare con un raggio che misura 5 metri, chiude l’unica navata interna, lunga 15,10 metri e larga 7, sui due lati maggiori sono situati gli stalli lignei, riservati ai confratelli.

All’interno dell’abside, l’altare maggiore fu realizzato da alcuni “marmorari “napoletani nel 1799, nel corso degli anni sono state apportate alcune modifiche, l’ultima quella del 1945, allorquando venne realizzato, da validi maestri fontanarosani, un pregevole tempietto in marmo bianco, tra due colonne sormontate da capitelli di stile ionico, che sorreggono un architrave finemente lavorato, una luminosa nicchia accoglie una bella statua lignea dell’Immacolata Concezione.

Il pittore Francesco Uva, negli anni 1807 e 1808 decorò le pareti interne della chiesa con immagini di santi e angeli, inserite in vari motivi architettonici e floreali.

Appena sopra gli stalli il maestro dipinse quattro ovali, all’interno dei due sulla parete sinistra sono raffigurate le immagini di Sant’Anna e San Nicola, nel terzo ovale, sulla parete di destra, è rappresentata l’immagine di San Giuseppe, il quarto non esiste più perché, al suo posto è stata costruita la nicchia che accoglie la statua dell’Addolorata.

Essendo le pareti della navata molto alte una cornice in muratura molto sporgente, le divide a metà, nella parte più alta il pittore realizzò altri quattro ovali, all’interno dei quali furono raffigurati quattro dottori della chiesa: Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino e San Girolamo, solo quest’ultimo si può osservare sulla parete destra, all’altezza dell’organo.

I  dipinti  furono  sottoposti  ad  una  soddisfacente  opera  di  restauro  nel  1932. La massima espressione artistica del maestro Uva, si manifesta nel grande dipinto su tela, incastonato in una cornice lignea, situato al centro del soffitto, che raffigura L’Arcangelo Michele mentre combatte contro uno stuolo di demoni, assistito dalla Vergine Immacolata e circondato da schiere di angeli.

Varcato l’ammirevole portale si accede all’interno della chiesa, subito a sinistra, per mezzo di una stretta scaletta in legno, si accede all’organo del 1771, posizionato sull’antiporta; di fronte, sul lato destro, la statua della Madonna Addolorata, con lo sguardo rivolto al cielo, vestita con un abito di seta nera, ricamato con fili di argento, una corona sulla testa, una spada le trafigge il petto, anch’esse di argento, ai suoi piedi giace in un’urna di vetro il Cristo morto, una statua in carta pesta a grandezza naturale.

Al centro della navata, sulla parete di sinistra è sistemata l’effige di San Stanislao con in braccio Gesù Bambino, sempre sullo stesso lato, sopra gli stalli, in corrispondenza del posto riservato al priore, negli anni scorsi c’era una campana di vetro con all’interno una preziosa statuetta di Gesù Bambino vestita con un elegante abitino di seta bianca e ricamato con fili d’oro, sul capo una corona di metallo colore argento.

Nella notte del 12 settembre 1987, ignoti si introdussero all’interno della chiesa e sottrassero la statuetta alla pubblica ammirazione e mai più ritrovata, dopo di che, nella campana di vetro rimasta vuota, venne messa una statuetta simile a quella trafugata, ma di minor pregio.

Ultimamente la campana di vetro con la statuetta è stata rimossa e trasferita nella sagrestia, al suo posto è stato collocato un dipinto che raffigura San Pio da Pietrelcina, eseguito dal maestro Salvatore Fucci.

Sulla parete destra, la statua di San Luigi Gonzaga è custodita in una nicchia, qualche metro a sinistra, poggiata sulla cornice degli stalli, una bella statuetta di San Vito Martire privata del suo cane, durante il furto del 1987.

Nei due angoli ricavati dalle pareti della navata con quelle dell’abside, sono state realizzate, a sbalzo, due nicchie in legno, quella di destra ospita una bella statua di Santa Lucia; in quella di fronte si può ammirare una pregevole statua di San Michele Arcangelo in atteggiamento di combattente, a difesa della chiesa, contro i demoni, ricacciandoli agli inferi.

Dopo circa due secoli, nel 1921, sul lato sinistro della chiesa, venne posata la prima pietra per la costruzione del campanile, realizzato con pietre a vista, alto 19 metri a base quadrata, al suo interno la cella campanaria ospita due campane che diffondono i loro rintocchi per mezzo di comandi elettrici.

¨ L’ORGANO

L’organo positivo (trasportabile e da posare) della Confraternita dell’Immacolata di Fontanarosa è stato costruito nel 1771 dall’organaro della Regia Cappella di sua Maestà di Napoli Domenico Antonio Rossi.

L’organo positivo è il modello emblematico della Scuola Originaria Napoletana: con varianti lievi quanto a potenza sonora più accentuate relativamente alle casse contenitrici e alle cantorie. La cassa contenitrice dell’organo in facciata si articola in tre aperture affiancate da lisce paraste, le due mediane più alte delle esterne. Il settore centrale termina, in

alto, con archetto a tutto sesto: una lieve cornice ad ansa chiude i due comparti laterali. Le canne di prospetto, liberamente ispirate a linea piramidale, sono sette nei settori laterali e cinque al centro: le bocche si muovono appena, formando una linea curva contrapposta al bordo alto dei corpi sonori.

Le parti costituenti dell’organo dunque sono: mantici (contenitori d’aria), somiere (importante nucleo di convogliamento dei comandi, distribuzione dell’aria alle canne su di esso poggiate), canne ( i corpi risuonatori, ovvero tubi vuoti o cavi in cui l’aria entrare vibrare ed uscire, sono diversi per misura, forma e materiale), meccanica (beveraggio, ovvero sistema di leve coordinato all’apertura di valvole le quali consentono lo smistamento dell’aria nelle canne), tastiera (serie di tasti visibile a disposizione dell’organista per azionare il beveraggio), tasti (asticelle di legno giustapposte nella direzione della profondità della cassa dell’organo), pedaliera (è di tipo corta, composta di otto piccoli pedali

posizionati sul lato sinistro dell’organista).

Nonostante abbia superato i 250 anni di vita, l’organo non li dimostra affatto anzi è tutt’ora valutato come uno straordinario strumento musicale. La confraternita con orgoglio lo custodisce e cerca di valorizzarlo organizzando concerti annuali, che sottolineano ricorrenze significative per la comunità.

Su di esso sono stati eseguiti due interventi di restauro: il primo nel 1997, il secondo nel dicembre 2013, entrambi ad opera dei fratelli Continiello.

¨ LA CAPPELLA GENTILIZIA

A seguito della promulgazione della legge del 5 settembre 1806, che imponeva la sepoltura dei defunti lontano dai centri abitati, la Confraternita dell’Immacolata realizzò su un’area all’interno del cimitero, una chiesa a navata unica, al cui interno una elegante altare sovrastata da una nicchia, in marmi policromi, custodisce la statua lignea della Madonna del Carmelo. Le pareti interne contengono 100 “ossari” piccoli e grandi, sono chiusi da lastre di marmo sulle quali è inciso il nome del de cuius, del proprietario o del casato della famiglia.

La facciata esterna è molto semplice, come è giusto che sia, vista la sua ubicazione, il portale lineare in pietra locale, sul cui architrave è fissata una lastra in marmo con inciso uno stemma e la data “1860” l’anno in cui furono ultimati i lavori.

Un bel dipinto della Vergine Immacolata, al centro della facciata, realizzato da ignoto nel 1914 è stato restaurato nel 2008 dal maestro Salvatore Fucci, un vetro è stato installato per proteggerlo e preservarlo dalle intemperie e dagli agenti atmosferici.

Un campanile “a vela”, sovrasta il lato destro del timpano, all’interno del quale è alloggiata una campana, che con i suoi mesti rintocchi saluta quelli che arrivano per l’ultima dimora, o annuncia le celebrazioni religiose.

La chiesa è aperta al culto e possono essere celebrate tutte le funzioni religiose, per questo è stata realizzata l’altare coram populo, dono di un benefattore.

Una scalinata in pietra, incuneata nello spazio di terra delimitato dal muro perimetrale del cimitero e quello posteriore della cappella, conduce all’ampio sotterraneo della stessa dimensione della chiesa.

Un corridoio centrale, messo per il lungo, divide in due parti il sotterraneo dove sono predisposti 26 sepolcri per l’inumazione, riservati alle consorelle e confratelli.

Al piano del ballatoio tra le due rampe di scale, c’è un vano coperto, costituito da tre lati in muratura, sulle cui pareti sono stati costruiti loculi per ossari, il quarto lato è chiuso da una artistica inferriata con cancello.

Questo luogo sacro, adibito anche a luogo di sepoltura, custodisce i resti degli antenati di una comunità e ne racconta la storia e testimonia l’importanza di un’antica congregazione.

Una comunità che conserva la memoria e rispetta i cari estinti si vede dalla cura e la buona tenuta del cimitero.

· CHIESA DELLA S.S. ANNUNZIATA

La chiesa della S.S. Annunziata, ubicata nei pressi dell’antico centro di Fontanarosa, presenta un impianto planimetrico assai semplice. Essa è ad unica navata con l’ingresso posto sulla facciata principale, caratterizzato da un portale in pietra locale, dalle forme lineari, sormontato dall’immagine dipinta dell’Annunciazione. La planimetria presenta un campanile innestato nelle stesse mura della Chiesa. La chiesa dell’Annunziata è una delle più antiche di Fontanarosa. Secondo quanto tramandato dai più anziani, il primo nucleo fu edificato nei pressi di un pozzo, accanto al quale era stata ritrovata una statua della Madonna.

La prima costruzione risale alla metà del ‘400 ma fu solo intorno al 1700 che la chiesa assunse l’aspetto attuale, sfarzoso e barocco, con la realizzazione dell’attuale portale in pietra locale.

Il campanile è costruito su tre livelli segnati da una cornice in pietra. La chiesa aveva una sacrestia laterale, che oggi è diventata la cappella di San Giovanni Battista. In essa possiamo ammirare la statua di S. Giovanni (1800-1899) e quella di San Pasquale con l’Ostensorio e l’agnello ai piedi in legno intagliato, un confessionale (1850-1899) di produzione locale, un grande crocifisso in bronzo dorato, degli angeli affrescati sulle pareti. L’incrocio di questo

ambiente con l’unica navata della chiesa è segnato da una cupola affrescata con le immagini dei quattro Profeti. In una nicchia, sulla parete destra, vi è la statua di S. Donato Vescovo, con una donna miracolata. Ai lati dell’altare vi sono degli angeli portacandelabro in cartapesta (1850), una base per il cero pasquale, in legno dipinto del 1750-1799.

L’abside ospita un raffinato altare intarsiato con marmi policromi, sormontato da un gruppo scultoreo di F. Verzella, che raffigura l’Annunciazione dell’Angelo alla Madonna, donato dalla sorella Maria Rosato, alla cui memoria viene celebrata una messa cantata il giorno

dell’Annunziata. Oltre ai particolari stalli in legno addossati ai muri, le lanterne

processionali, i candelabri in ottone, l’organo, abbiamo anche il soffitto piano, fatto di tavole di pioppo e ricoperto da una tela decorata con immagini del Vangelo e con al centro un quadro, olio su tela, raffigurante l’Annunciazione.

Il 2 febbraio 1706 si inaugurò la confraternita e a questa cerimonia intervennero 27 sacerdoti.

È da ricordare che tra la confraternita del S.S. Rosario e dell’Annunziata iniziò un vero periodo di litigi. Tutto iniziò quando il decreto del Vescovo di Avellino assegnava il diritto di precedenza alla confraternita dell’Annunziata, anche se era stata costituita in un secondo momento rispetto a quella del S.S. Rosario.

Questa vertenza si trascinò per molti anni, fino al 1735 dove le due confraternite si sono riappacificate.

·  CHIESA SS. ROSARIO E S. ANTONIO

A partire dal 16 Dicembre 1631 fino al febbraio del 1632 ci fu una disastrosa eruzione del Vesuvio; Fontanarosa in questa occasione si affidò all’intercessione della Madonna del Rosario. Si stabilì quindi di fondare una confraternita e l’assemblea dei cittadini, detta “Parlamento” dell’Università, con un atto pubblico nel 1632 fece costruire una statua della Madonna con il bambino e si impegnò per organizzare una festa. Grazie ad una loro donazione di suolo ed al diritto di accesso sullo spiazzale di Santa Maria inizia la costruzione nel 1707. La chiesa presenta un’unica navata con una copertura a due falde, non visibili

dall’esterno. L’ingresso è caratterizzato da un importante portale in pietra locale sormontato da un affresco raffigurante la Madonna, tra due finestre ellittiche. Del 1898 è il cancello in ferro battuto, bell’esempio di artigianato locale. Il soffitto piano, è in tavolato di legno di castagno su cui è incollata una tela dipinta con disegni che riproducono un falso cassettonato arricchito da elementi floreali e stucchi. A centro del soffitto è inserito un bellissimo dipinto su tela raffigurante la Madonna del S.S. Rosario e San Domenico. Sul fondo della Chiesa è inserita la nicchia della Madonna del Rosario, ubicata su un bellissimo ciborio in marmo con puttini laterali. Poco più avanti, quasi sotto l’arco trionfale, che separa la zona dell’altare da quella per i fedeli, c’è l’altare rivolto al popolo, anch’esso molto raffinato nelle forme e nei decori. Le pareti di questa chiesa non sono decorate, esse presentano solo quattro medaglioni dipinti; due su ogni lato. I primi fratelli iscritti alla Confraternita furono 35 e stabilirono i loro impegni in un ordinamento del 3 marzo del 1777.

Anche questa chiesa, come le altre presenti sul territorio irpino, è la testimonianza di cultura e civiltà del paese.


·       SANTUARIO DI MARIA SS. DELLA MISERICORDIA

La manifestazione più alta e sentita della religiosità dei fontanarosani è la loro devozione assoluta, salda r fiduciosa per la Madonna della Misericordia. È una fede antica, tramandata da tempi lontani ma che racchiude i sentimenti migliori di questo popolo. La grande famiglia di Fontanarosa riconosce in lei una Mamma speciale, che già nel suo nome evoca i segreti di questo amore devoto!

Tutto questo è incarnato nella preziosa statua detta prima Madonna del Pozzo, poi Madonna della Misericordia. È antichissima, risale addirittura al 1100.

Davanti a questa statua il popolo fontanarosano da più di nove secoli si inginocchia speranzoso, si confida con facilità e prega devotamente.

Essa è custodita nel Santuario a lei dedicato, in una artistica nicchia di marmo posta sull’Altare Maggiore.

L’edificio è diviso in tre navate. La navata centrale è più grande delle due laterali e un’antica balaustra in marmo chiaro, la divide dall’Altare Maggiore il quale è fatto di marmo di diversi colori. Elegante e possente rappresenta la dimora più degna di Gesù e il prestigioso sostegno della Madonna.

La chiesa ospita altri sei altari, tre per ogni navata laterale; quelli più antichi nella navata di destra.

Questi ultimi sono:

  1. L’altare della “Madonna di Costantinopoli”, risale agli inizi del 1600. La base, in pietra e marmo di vari colori, è sormontata da un quadro di grosse dimensioni, il quale raffigura la Madonna che porge il Bambino Gesù a Sant’Antonio e San Giuseppe.
  2. Il “Trittico della Candelora”, risale al XVII secolo. È costituito da tre nicchie che alloggiano, al centro, la Madonna della Vittoria, a destra Sant’Antonio, a sinistra San Biagio. La statua della Madonna viene detta “della Vittoria”, poiché sostituì in passato un dipinto della Madonna del Rosario, alla quale veniva attribuito il merito della vittoria della flotta cristiana contro i Turchi a Lepanto nel 1571.
  • L’altare “della Madonna degli Angeli”, sormontato da un grandioso dipinto dell’artista napoletano Arnaldo De Lisio, che ha affrescato tutta la chiesa dagli inizi del 1900. Deve il suo nome alla diffusione del monachesimo francescano che ha avuto e ha tuttora il suo fulcro di fede nella Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.

I tre altari che troviamo invece nella navata di sinistra, sono certamente meno antichi e meno preziosi per fattura e valore artistico, di quelli precedenti.

Questi ultimi sono:

  1. Altare dedicato a “Santa Filomena”, molto recente e presenta una nicchia con la statua della Santa, seduta e pensosa. Il suo culto cominciò a diffondersi tra la gente nel XIX secolo.
  2. Altare “della Madonna di Aprile”, in passato dedicato alla Madonna del Rosario.

Nella nicchia centrale signoreggia la statua della Madonna detta appunto “di Aprile”, che abitualmente viene trasportata in processione , in sostituzione di quella delicata della Misericordia. Le fanno da vedette, a destra e sinistra, i santi Vincenzo e Lorenzo.

  • Altare dedicato a “Sant’Alfonso dei Liguori”, era un santo molto amato e il popolo ammirava molto le sue opere e cantava i suoi inni sacri.

Ben undici sono gli affreschi che il maestro Arnaldo De Lisio dipinse in occasione di un restauro negli anni 1903-1904. Nel soffitto della navata centrale spicca per dimensioni, significato simbolico e raffinatezza dei colori “L’Assunzione della Vergine”, dove una moltitudine di Angeli solleva in cielo la Madonna. Gli altri affreschi ricalcano tutti temi biblici

: lo sposalizio della Vergine, la Vergine e Santa Elisabetta con i piccoli Gesù e San Giovanni Battista, i quattro Evangelisti in coppia con i Dottori della Chiesa, nella navata centrale; la Purificazione di Maria Santissima, la Natività, nella navata di destra; la disputa di Gesù fra i dottori del tempio, la Fuga in Egitto, nella navata di sinistra.

Troviamo anche l’organo, di origine secentesca. Purtroppo oggi molti particolari sono stati rimaneggiati o sostituiti a causa dell’usura provocata dal tempo.

Il pulpito, posto sul lato sinistro della navata centrale, è sollevato da terra ed è sorretto da una potente aquila dalle ali piegate. È sormontato da un baldacchino sotto il quale volteggia una colomba. L’aquila e la colomba simboleggiano, il volare alto della Parola di Dio (aquila), lo Spirito Santo (colomba). I due confessionali, uno sulla navata di destra e l’altro su quella di sinistra, risalgono al XIX secolo, interamente fatti di legno.

Infine vanno evidenziati i due portali, quello principale e quello laterale, entrambi di epoche lontane e fatti di pietra locale.

Le feste in onore della Madonna della Misericordia sono due: la “festa di Aprile”, che avviene l’ultima domenica del mese, e il “15 Agosto”, la quale è quella più sentita, più lunga e più attesa dai Fontanarosani.

In tali circostanze la Statua della Madonna viene spostata dalla sua collocazione abituale e troneggia davanti all’Altare Maggiore, diventando il primo simbolo della festa.

·                                                  IL CAMPANILE

Accanto alla chiesa di Maria SS. della Misericordia, si erige il più imponente dei campanili di Fontanarosa. Quest’ultimo risale al 1400, ma sono seguite diverse ricostruzioni nel corso dei secoli. Oggi la torre si presenta alta 57 metri, con una cupola a bulbo di 6 metri. I primi tre piani hanno struttura simile: sono di forma quadrata e non presentano nessun tipo di ornamento, l’unica particolarità è data da riseghe, archi e spigoli che sono stati fatti in bolognini di pietra lavorata. La parte superiore è più snella e accoglie le campane e l’orologio. Nel 1932, in seguito ad un restauro voluto dall’avvocato Ernesto Ciampi, la cupola fu abbellita con un motivo a squame realizzato con ceramiche incastonate di Vietri di colore giallo e verde. Oltre ciò, il campanile, si arricchì di un ampio medaglione raffigurante Fra Michele Avvisati.

Salvatore Avvisati, primogenito di Lucio Avvisati e Camilla Nicastro, nacque il 01 giugno 1608. Come è noto, nel medioevo, il primogenito ereditava beni e casato mentre gli altri figli entravano in convento. Tuttavia nella famiglia Avvisati non fu così, in quanto Salvatore e uno dei suoi fratelli, a noi noto come padre Stefano, entrarono spontaneamente nella famiglia domenicana; mentre il secondogenito entrò in seminario e divenne arciprete di Sant’Angelo all’Esca. Salvatore si iscrisse al convento maggiore di S. Domenico di Napoli all’età di 17 anni, con il nome di frate Michele da Fontanarosa e a 23 anni era già sacerdote. Divenne dottore in lettere, filosofia e teologia e dopo aver insegnato a Napoli nella scuola dell’ordine, conseguì la laurea di “magister”. Ebbe fama nazionale per le sue capacità oratorie, noto è il Sermone delle Ceneri all’ingresso della Granduchessa Toscana, che si fece attendere per lungo tempo, esasperando sia i fedeli che l’oratore: “Eccoci davanti a quella brutta, stecchita, schifosa vecchiaccia… che è la morte“. Il riferimento alla Granduchessa risultò evidente, al punto che a Padre Fontanarosa fu ordinato di allontanarsi dal Granducato, ed egli fu ben lieto di eseguire l’ordine ricevuto ancor prima che scadesse il tempo che gli venne concesso. Fu iscritto nell’Accademia degli Inquieti fondatanel 1666 dal principe Francesco Marino Caracciolo. La sua forte personalità non bastò ad evitargli di essere coinvolto in vicende spiacevoli della sua famiglia. Tentarono, infatti, di infangare l’elemento di spicco della famiglia Avvisati coinvolgendolo in un processo. Il religioso fu accusato di aver ucciso il concittadino Bonetti e di averne esposto le membra in pubblico, dopo aver mutilato il cadavere, per vendicarsi dell’uccisione del fratello Emanuele. Nel 1666, altri guai colpirono Padre Fontanarosa, quando un’orda di malviventi assalì casa Avvisati. Questi derubarono e incendiarono l’abitazione, inoltre aggredirono gli inquilini e accoltellarono una bambina di 4 anni, la nipote di Michele Avvisati. Nello stesso anno, il religioso fu accusato di essere il mandante dell’omicidio di Marcantonio Pepe, insieme al nipote Cesare, figlio di Emanuele, che nel 1664 lo aveva sfidato a duello. Le accuse furono di associazione a delinquere e usura, ma davanti al tribunale pontificio queste non ressero e i due vennero assolti completamente. Nel 1669 Cesare venne assassinato da due cugini di Marcantonio. L’anno seguente Padre Michele Avvisati si chiuse nel convento a Fabriano che fece restaurare a sue spese e ivi morì nel marzo del 1689.

·  POZZO DELLA MADONNA

Il pozzo della Madonna, a Fontanarosa (Av), è scavato all’interno di una grotta sul retro della chiesa della Misericordia.

Leggenda narra che un pastorello trovò su questo pozzo la statua della Vergine, attualmente custodita in una teca sull’altare principale, nell’abside della chiesa adiacente. L’acqua è considerata miracolosa e le persone del paese, turisti e pellegrini visitatori la bevono attingendone direttamente dal pozzo, o riempiono bottigliette- ricordo da portare via come simbolo di devozione e benedizione! La cultura popolare fontanarosana è fortemente legata al culto mariano e alla presenza della chiesa di S.S. Maria.

Un tempo, quando il pellegrinaggio era più sentito e diffuso di oggi, tale fenomeno toccava anche piccole realtà e paesi come Fontanarosa, dove la fama de il pozzo della Madonna miracolosa cominciò ad espandersi poco per volta. Da antiche testimonianze, si rinviene che, nel 1637, l’Avv. Scipione Rosa, gravemente ammalato, non potendo recarsi al santuario, fece testamento di offerte da devolvere a vari luoghi di culto, tra cui lasciò soldi per la celebrazione di messe anche alla chiesa di Fontanarosa che disponeva di questo pozzo misterioso. Si suppone che la visita al santuario e al pozzo della Madonna fosse un’usanza già praticata alla fine del Medioevo, ma ristretto ai devoti delle campagne e dei paesi limitrofi.

Durante determinate festività ci si recava in chiesa per pregare e cantare inni sacri; successivamente la chiesa fu restaurata ed abbellita e, la notizia della scoperta di acque miracolose capaci di guarire anche le più gravi infermità, si estese rapidamente. Nello “Zodiaco mariano”, una raccolta che risale al 1715, sono riportati vari racconti di straordinarie guarigioni avvenute grazie all’ acqua. La fede e la credenza delle persone dell’epoca che, nella semplicità di una vita umile, preferivano affidarsi a Dio anziché

alla medicina, lasciò ampio margine al miracolo, all’inspiegabile mistero della guarigione “per fede”.

Tra i vari casi di guarigione, si narra di un tale Tommaso Infante di Caposele che sarebbe stato guarito dalla lebbra bagnandosi completamente nelle acque del pozzo della Madonna; come avvenne per Angelo Soricelli di San Giorgio del Sannio, paralitico, o di un ragazzo di Torre le Nocelle che sarebbe guarito da un’ernia senza intervento; poi altri presunti miracolati di Ariano Irpino e Salerno.

A tal proposito fu allestita una rudimentale attrezzatura per il “bagno degli ammalati” e ciò contribuì alla crescita della notorietà del sito religioso. In una modernità positivista, intrisa di scetticismo e proiettata al progresso scientifico e tecnologico sempre più incalzante, il culto religioso e la rilevanza del pozzo della Madonna hanno perso un po’ di attrattiva, pur restando radicati a quella che è la tradizione, la storia e lo spirito corale del popolo fontanarosano che in essa ritrova la sua identità! L’evoluzione del culto si è adeguata alla tendenza delle generazioni ma rimanendo una costante della vita cristiana del paese.

Negli atti ufficiali della chiesa non si fa menzione all’acqua miracolosa, ma si cita il pozzo solo come toponimo. Testimonianza considerevole, invece, è la lettera di Clemente Rosa del 1711 che parla lungamente del pozzo in questione:

“NEL LUOGO DOVE ORA VENERASI L’IMMAGINE DI MARIA DUGENTO ANNI SONO, ERA UNA PICCOLA CHIESETTA OVE ERA LA DETTA EFFIGE SOTTO LA QUALE CAPPELLA SCATORIVA UNA VENA D’ACQUA, COME IN UN POZZETTO, CHE PERÒ FU DETTA SANTA MARIA DEL POZZO. MA PERCHÉ PER MEZZO DI QUELLA SAGRATISSIMA IMMAGINE CONCEDEVA LA VERGINE MOLTISSIME GRAZIE AI SUOI DEVOTI, IL POPOLO DI DETTA TERRA AVENDO RACCOLTO MOLTE LIMOSINE FECE FABBRICARE LA CHIESA PRESENTE MOLTO PIÙ GRANDE DELLA PRIMA E L’ACQUA SUDDETTA

FU DIRAMATA PER SOTTO LE FONDAMENTA POCHI PASSI DISTANTE DALLA DETTA CHIESA IN MODO CHE AI NOSTRI TEMPI NON VI ERA MEMORIA DI QUELLA. […] “

¨ Il pozzo della Madonna ieri e oggi

La centralità del pozzo ha origine nei culti pagani, quando le sorgenti erano concepite come manifestazioni divine, e su di esse si frapponevano culti cristiani.

Nell’alto Medioevo, i Longobardi consideravano sacri i corsi d’acqua e gli alberi; solo in seguito cominciò a darsi importanza a pozzi ubicati nelle chiese o nei pressi di esse e così fu anche per il pozzo della Madonna a Fontanarosa. Tali pozzi prendevano il nome di “boires-Dieu”, bevanda divina. Fu così che tra la discesa della chiesa e via Immacolata, sorse un’edicola con l’effige della Madonna. Inizialmente il posto fu recintato e fu costruita una vasca in pietra per i bagni dei malati di artrosi e reumatismi, sciancati, invalidi ecc.

Nel 1800 fu edificata una cappellina con un affresco di Maria S.S. raffigurata sospesa su di un pozzo contornata da nuvole bianche. Anticamente, si racconta che l’acqua ad un certo punto si ritirò e i fedeli, preoccupati, pregarono affinché l’acqua prodigiosa tornasse a sgorgare e, all’ improvviso, essa ritornò abbondantissima. Da un punto di vista razionale si può attribuire all’incostanza delle acque un naturale flusso regolato dal caso ma, a Fontanarosa. si crede che quella sorgente sia controllata dal volere della Vergine ed il popolo sostiene che, nei due periodi di festa dedicati alla Madonna (aprile-agosto), le acque del pozzo crescano arrivando ad un livello più alto rispetto al resto dell’anno. Un tempo, venivano addirittura suonate le campane “a gloria” per l’acqua che si riscopriva cresciuta. Nel 1924 l’edicola fu restaurata a spese di Michele Scalera e, nel 1955 fu rifatta a spese di Gennaro Capaldo.

Negli anni della guerra la gente andava a bere al pozzo della Madonna chiedendo la pace, accendeva un cero per avere la grazia o semplicemente come omaggio e prendeva un’immaginetta.

Ancora oggi il pozzo è visitabile e, l’ultima domenica di aprile, insieme a Ferragosto, la gente pullula, accalcandosi per visitare la fonte benedetta. Si scende nella gotta umida e fresca, si prega e si prende dell’acqua con cui segnarsi come simbolo di protezione divina.

Per i Fontanarosani, questo pozzo è parte integrante ed inscindibile del folklore, della storia e della credenza di un popolo ricco di tradizione.

·                                            MUSEO CIVICO

Ubicato a valle del paese, a breve distanza dal centro abitato di Fontanarosa, lungo la strada che in passato collegava i paesi della valle del fiume Fredane, il Museo si presenta con una caratteristica configurazione a tre livelli, contraddistinti da semplici volumi.

I prospetti sono caratterizzati da ampie vetrate e da una copertura a due falde, con capriate in ferro e struttura reticolare a vista. Il piano seminterrato è destinato ad una sala polivalente, con i servizi igienici e due locali adibiti a deposito. All’interno della sala sono presenti strumentazioni per convegni e seminari, nonché un videoproiettore, ampliando così la gamma di fruizione. Al piano terra, poi, si trovano la biblioteca comunale, una saletta per conferenze, la sala del carro e la sala delle sculture. Al primo piano, con una vista panoramica della valle, è ubicata la sala del presepe, circondata da un ampio giardino, arricchito da numerose sculture, da una fontana monumentale e percorsi pedonali in pietra.

Qui si erge una copia della Nike di Samotracia, opera che non conosce tempo né spazio, da un blocco informe di pietra locale.

All’interno della sala del carro, manufatto di legno e paglia, sono esposti: la facciata del primo registro, un modello in scala 1:5 dell’intera struttura lignea del carro, la cupola,

ossia la parte terminale del carro, contenente la statua della Madonna della Misericordia, oltre a elementi dei carri precedenti e alle vecchie ruote.

La sala del Presepe, invece, è caratterizzata da un monumentale presepe (circa 35 mq.), realizzato con ceppi di olmo ed ulivo, per un totale di circa 70 quintali di materiale. Il cielo che fa da sfondo al paesaggio è opera di Roberto Diamante, pittore e restauratore romano.

Il presepe di Fontanarosa, nel 1930, fu riconosciuto come “monumento nazionale” dal re Vittorio Emanuelle II, che durante la sua visita in irpina, lo ammirò e ne restò affascinato.

La sala biblioteca, ubicata al piano terra, offre ai visitatori la possibilità di consultare circa 2000 volumi. Infine, la sala delle sculture ospita opere donate gratuitamente da artisti, sia italiani che stranieri (Francesco Cremoni, Giovanni Ruggieri, Ogata Yoshin), a cui, in alcuni casi, è stato riconosciuto un rimborso spese simbolico, in relazione al materiale ed al tempo impiegato per realizzare l’opera.

Tutto questo è Fontanarosa, paese pieno di amore e tradizioni, pieno di storia ed è uno spettacolo da visitare!!

FONTI:

www.irpiniaworld.it www.Sistemairpinia.provincia.avellino.it www.lacooltura.com

www.bing.com

www.wikipedia.it                                                                                       

www.treccani.itLibro: percorsi della memoria a Fontanarosa                               

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *